Come ben sappiamo un settore come quello della ristorazione ha bisogno di stare al passo coi tempi. Troppi utili vengono sprecati a causa di una gestione scellerata della cassa di un locale. Parecchi errori sono dovuti a mancanza di tempo, poca esperienza e lungimiranza.
Dopo un periodo così lungo di restrizioni, lockdown e chiusure, il nostro settore ha bisogno sicuramente di risollevarsi quanto prima.
Aggiungiamo a questo le promesse dei governi di turno (prima i due Esecutivi capitanati da Giuseppe Conte, poi quello del tecnico Draghi), mantenute in parte, male e non per tutti purtroppo.
Molti ristoratori non hanno ricevuto i tanto sbandierati ristori e quei fortunati che sono riusciti a riceverli si sono ritrovati con degli aiuti, se così possiamo considerarli, utili solo per pagare bollette o tasse.
Per cercare di risollevarsi molte aziende del nostro settore hanno cercato soluzioni alternative per restare a galla in questi momenti difficili.
Molti ristoranti hanno attivato piattaforme di prenotazione a domicilio, altri si sono affidati alla lettura del QR Code, menù digitali, gestione digitale delle dispense per agevolare gli ordini ed evitare sprechi, ottimizzando costi e tempi.
Ovviamente la digitalizzazione ha agevolato da un certo punto di vista le aziende del settore della ristorazione e alberghiero, ma a che prezzo? Andiamo ad analizzare le varie sfaccettature di questa nuova frontiera tecnologica.
Quando si parla di digitalizzazione della ristorazione, bisogna tenere a mente questa definizione: BIG DATA. Di cosa si tratta nello specifico?
Parlare di big data non significa altro che di un grande numero di dati che un’azienda raccoglie a proposito dei suoi clienti o utilizzatori delle proprie piattaforme.
Al suo interno troviamo tutta una serie di dati sensibili che a volte rilasciamo ad un ente, come dati anagrafici, risposte a dei questionari, cookies sui siti internet e altro. Talvolta del tutto inconsapevolmente.
Oltre a questi, ci sono anche i cosiddetti METADATI, che si riferiscono alle informazioni che le piattaforme web raccolgono in base al nostro comportamento al loro interno, come ad esempio il tempo trascorso nelle varie sezioni del sito, i click che lasciamo, le nostre condivisioni etc. .
La domanda che noi de LaVoceDellaRistorazione vogliamo porci è la seguente:
- In fin dei conti, sono un bene o un male i big data?
Stando ad un articolo dell’autorevole testata The Economist, in cui si è parlato dei pro e dei contro dell’internet che conosciamo oggi, un punto indubbiamente interessante che l’autore ha voluto prendere in esame è la distinzione degli approcci principali che si trovano oggi nella comunità intellettuale, tra chi è a favore e chi è contro alla raccolta dei dati tramite queste soluzioni.
Da molti esponenti del settore, la centralizzazione del web viene percepita come un pericolo. Tutta questa moltitudine di dati, data in pasto ai server globalizzati di mezzo mondo non ci lascia certamente tranquilli.
É assodato che colossi del web come: Google, Facebook, Amazon e pochi altri ne governano il panorama, centralizzandone il controllo.
Il secondo approccio è diametralmente opposto e vede nella centralizzazione l’opportunità della crescita invece. Al netto di quale possa essere la migliore tra le due opzioni, il dato significativo è che i nostri dati siano alla mercé di queste aziende, violando la privacy di ignari utenti che magari vogliono solamente ordinare un pranzo online dal proprio ristorante preferito o prenotare una cena in un locale del centro.
Noi de LaVoceDellaRistorazione siamo contro questa sorta di controllo costante che attualmente subiamo ogni qualvolta ci interfacciamo con queste tecnologie.
Speriamo vivamente che le aziende del nostro settore ritornino ad un approccio più diretto e semplice per proporsi agli avventori dei propri locali, senza per forza utilizzare scansioni di codici e QR Code di sorta.
E voi cosa ne pensate di questo utilizzo indiscriminato dei nostri dati? Fatecelo sapere. A presto!