C’era una volta il “classico” cameriere: un giovane di belle speranze, magari anche alla prima esperienza, al quale insegnare l’arte dell’eleganza, della cortesia, del saper soddisfare ogni richiesta del cliente. Ragazzi e ragazze desiderosi di imparare un mestiere sì faticoso, ma anche affascinante, che potevano sempre contare sull’affabile e “genitoriale” figura dello chef de rang, la persona preposta non solo a servire tra i tavoli, ma ad assumersi ben altre responsabilità, dall’accoglienza della clientela alla presentazione del menù, dal controllo totale di ogni aspetto della sala, sino alla presentazione dei vini, in assenza del sommelier.
Entrambe le figure – chef de rang e cameriere – sono da sempre componenti importanti della cosiddetta “brigata di sala”, parti di un ingranaggio che, se funziona correttamente, garantisce non solo la riuscita di un evento perfetto, ma anche e soprattutto la fidelizzazione di una sempre più vasta fetta di clienti.
Chef de rang e altro personale di sala al tempo dei cooking show
Stiamo, insomma, parlando di figure chiave che consentono ad un ristorante di mantenere un’allure di prestigio, contribuendo all’accrescimento dei commensali e della propria reputazione. Impiegati che, però, stanno lentamente sparendo dalle attività ristorative. Qual è il motivo di una tale emorragia di talenti?
I dipendenti non hanno dubbi: i responsabili sarebbero i celeberrimi chef stellati, grandi nomi della ristorazione italiana divenuti famosi grazie al “pullulare” di cooking show e contenitori televisivi a tema, primo fra tutti “Masterchef”. Negli ultimi anni abbiamo avuto l’occasione di leggere interviste piuttosto pesanti da parte dei “vip” dei fornelli italiani, che a fronte di portate servite nei propri locali a prezzi esorbitanti non esitano, spesso e malvolentieri, a criticare donne e uomini che decidono di avvicinarsi al mondo della ristorazione, senza però sottomettersi alla legge non scritta della gavetta gratuita.
Se da un lato, dunque, grandi chef nostrani stigmatizzano un atteggiamento, da parte soprattutto dei giovani, ritenuto lassista e poco incline al sacrificio, dall’altro invece troviamo aspiranti componenti di personale di sala protestare per un’instaurazione di rapporto di lavoro più simile ad uno sfruttamento che ad un tirocinio.
La gavetta non retribuita è, però, solo parte di un problema ben più complesso, che chiama in causa anche la stessa istituzione televisiva, avvezza a trasporre frequentemente una rappresentazione molto negativa della giornata-tipo di una brigata di sala.
Chef stellati in mano alle televisioni
Maleducazione, arroganza, linguaggio scurrile: queste sono solo alcune delle piaghe che il piccolo schermo tende a mostrare ai fan di cooking show e simili, uno spettacolo indecoroso che certo non mette in evidenza gli anni di studi e sacrifici che chef de rang, camerieri e altri componenti della brigata di sala impiegano per diventare impiegati modello, capaci di creare una connessione inscindibile con la propria clientela.
Non dobbiamo, però, credere che la figura dello chef da stella Michelin ne esca in maniera eroica, anzi. Spesso lo strumento mediatico sfugge di mano ai vari Borghese, Cracco e simili che possono solo illudersi di avere il proprio destino televisivo in mano. In realtà, questi grandi nomi della ristorazione tricolore diventano loro malgrado attori di una fiction diretta da ben altre menti, che potrebbero avere l’interesse a mostrare il lato più “sporco” di un settore, quello ristorativo, che fa della propria originalità un marchio di fabbrica per spopolare oltre i confini nazionali.
Solo recuperando garbo, professionalità, diritti dei lavoratori e distanziandosi da alcune figure che hanno tutto da guadagnare da un monopolio “coatto” del mondo della ristorazione, potremmo ritornare ad avere locali pieni e sorrisi sinceri da personale di sala e clienti.