Un mondo affascinante, ricco di creatività e passione, ma non scevro da ombre, specialmente di natura economica. E’ inutile negarlo: il comparto della ristorazione sta facendo sempre più fatica a reperire personale qualificato, ma anche nuove leve disposte a imparare un mestiere, dal cameriere allo chef, dal componente di personale di sala al responsabile di ristorante.
I motivi? Sono molteplici. Dalla passata pandemia alle questioni più “squisitamente” monetarie, cerchiamo di analizzare questo inquietante fenomeno, cercando possibili soluzioni per evitare l’emorragia di talenti nel settore food & beverage, sempre più propensi ad andare all’estero in cerca di stipendi adeguati alla mansione.
Personale nella ristorazione, numeri a picco
Il settore ristorativo ha un problema oggettivo: non riesce ad investire sulle nuove generazioni, troppo spesso soppiantate da robot in nome di una tecnologia che incoraggia ogni settore impiegatizio ad affidarsi alla “infallibile” ma fredda Intelligenza Artificiale.
La crisi vera e propria per un comparto importantissimo per la nostra economia, però, è esplosa almeno due anni orsono. Complici l’avvento della pandemia da Covid-19, le conseguenti restrizioni, ma anche la “bagarre” legata alla somministrazione di vaccini.
Il risultato? Catastrofico: nel corso degli ultimi anni, almeno 11mila uomini e donne under 35, single e intraprendenti, hanno abbandonato temporaneamente o definitivamente l’Italia in cerca di fortuna. Tale fenomeno non consente un “ricambio” generazionale tra camerieri e altro personale impiegato in locande, pub, pizzerie, ecc.. Il rischio, quindi, è quello di ritrovarsi lavoratori sempre più “vecchi”, talvolta sottopagati o sottoposti a turni insoliti e ben più onerosi per l’attività stessa.
Alcune attività nel campo enogastronomico, infatti, assumono personale al quale proporre turni lavorativi di sei ore al giorno o quattro giorni settimanali: un’assurdità, considerato che la cucina italiana è la più amata dai turisti provenienti da ogni parte del mondo. Come impedire tale debacle? Come recuperare la fiducia persa nei riguardi di un sistema che, nonostante le innumerevoli evoluzioni tecnologiche e informatiche, pare essere già inceppato da tempo?
Formazione e incoraggiamento
La crisi impiegatizia nella ristorazione è stata oggetto di numerosi dibattiti da parte degli esperti dal settore. Dai botta e risposta emersi durante le diverse “tavole rotonde” tra chef e altri personaggi chiave del campo food & beverage è emersa la necessità di valorizzare i percorsi didattici offerti dagli istituti alberghieri, un tempo considerati veri e propri “vivai” dai quali attingere per dare una sferzata di energia alla propria attività.
Possedere la capacità di conciliare la “mano analogica” del personale di sala e cucina con quella “artificiale” donata dai supporti tecnologici è un dettaglio di non poca importanza: il robot o altri dispositivi pensati per affiancare i lavoratori in carne ed ossa non possono soppiantare gli impiegati, ma semmai devono fungere da ausilio prezioso per accelerare e semplificare il lavoro, mantenendo sempre il livello eccellente del ristorante o di altra attività ristorativa.
Ultimo, ma non per importanza, l’annoso problema degli stipendi. Non può più essere ritenuto accettabile un modello di business nel quale camerieri, aiuto cuochi, personale in sala e altre figure svolgano mansioni pesanti (e spesso, non di propria competenza), lavorando talvolta in condizioni assurde e in orari allucinanti ottenendo un mensile da fame. Occorre cambiare la mentalità, riformare il settore, incoraggiare la forza-lavoro, che dovrà essere formata non solo sui compiti da svolgere, ma anche e soprattutto sui valori, la cultura, le aspettative dell’azienda.
Piccoli consigli, ma importantissimi per far sì che il settore della ristorazione torni ad essere un fiore all’occhiello per l’intero Paese.