Nella stragrande maggioranza dei casi, se chiederete ad un italiano quale sia il suo tipo di ristorante preferito, vi risponderà quello tipico, di casa, italiano, appunto. Nonostante l’imperversare negli ultimi anni di tendenze ristorative e gastronomiche internazionali, in futuro ci sarà un ritorno alla cucina italiana.
Nel suo essere più profondo e intenso: il ritorno alla tavola, non più cibo consumato di fretta su uno sgabello bensì una ricomparsa in un clima conviviale e familiare; un maggiore uso dei prodotti tipici, i quali rimarcano un attaccamento alla terra intesa come metafora, per indicare un popolo estremamente legato ad una cucina contadina, povera, semplice.
Il cibo internazionale, etnico ha posto le sue basi all’inizio degli anni Novanta, quando era una novità, il sabato sera, provare il nuovo fast food appena aperto in città. Dopodiché, è entrato in voga il ristorante cinese: per un prezzo sicuramente minore rispetto ad un primo italiano, milioni di italiani poterono assaggiare spaghetti di soia, udon, involtini primavera.
La cucina cinese predilige sapori molto più forti di quella italiana, tant’è che esiste una parola per descrivere il gusto tanto da loro adorato, “umami” (saporito). Tale gusto combinerebbe gli altri quattro (dolce, salato, amaro, acido).
Successivamente, grazie alla globalizzazione, l’Italia si è distanziata dalla cucina tipica, e sono approdati ristoranti giapponesi, indiani, arabi, greci, messicani.Secondo una ricerca, ben un italiano su tre al mese mangia almeno un cibo etnico al mese.
Ad oggi si stima la presenza di ben 50mila ristoranti presenti sul territorio italiano: ma qual è il motivo di tale boom culinario? Ad incidere profondamente è, infatti, il lato economico: il cibo etnico ha spesso un costo parzialmente contenuto, dunque alla portata di tutti e per tutte le tasche.
L’eccesso di cibo, ha, tuttavia, comportato un cambiamento di rotta da parte della popolazione: si auspica un ritorno al puro senso di condivisione, di tipico, di tradizione, simbolo della cucina italiana. Ogni regione ha, racchiuse in sé, delle peculiarità gastronomiche uniche e sole: ed è proprio per questo motivo che, tuttora, ad esempio, per intendere uno specifico tipo di zuppa di pesce, la si chiama “alla siciliana”.
La cucina rispecchia l’identità culturale di un popolo. Le realtà delle cucine tipiche regionali cooperano nel creare quel sentimento di unità nazionale che tanto ci viene invidiato all’estero (nel mondo, infatti, si stima esistano 100mila ristoranti italiani). Fondamenti principali della cucina tradizionale italiana sono tempo, ambiente e cibo: il tempo è il pilastro su cui si fonda tutta la cucina tradizionale, poiché necessitiamo di esso per goderci il cibo, la convivialità che si viene a creare a tavola.
Il cibo, in Italia più di qualsiasi altra nazione al mondo, ha sempre agito da collante sociale: basti pensare che, quando in casa non si possedeva un forno, per cuocere il pane si andava nel forno del quartiere; proprio in quest’occasione le persone, mentre attendevano il loro turno, trasformavano le sorti di quell’evento, socializzando tra loro. Un luogo simbolico che unisce in una collettività le persone: se avessero avuto un forno, non si sarebbero recate lì – il cibo, dunque, crea relazioni tra la comunità.