I recenti annunci di dazi da parte dell’amministrazione Trump, con tariffe che potrebbero raggiungere il 20% sull’Unione Europea e persino il 200% su alcuni prodotti come il vino, stanno scuotendo il settore food and beverage italiano. L’Italia, che nel 2024 ha esportato verso gli Stati Uniti beni agroalimentari per circa 7,7 miliardi di euro – di cui bevande come vino e alcolici rappresentavano il 25% del totale – si trova ora di fronte a un’incognita economica. Ma il vero problema non è solo l’impatto immediato dei dazi: è la fragilità di un sistema che, fino a oggi, ha vissuto nell’illusione di un export senza ostacoli, trascurando il proprio mercato interno e le competenze digitali necessarie per competere nel mondo moderno.
Un Export che Generava Ricchezze, ma a Quale Prezzo?
Per anni, le aziende italiane del food and beverage hanno prosperato grazie alla domanda americana. Formaggi, vini, olio d’oliva e pasta hanno trovato negli Stati Uniti un mercato florido, sostenuto da un potere d’acquisto elevato e da una rete di distribuzione ben oliata. Si stima che il surplus commerciale italiano con gli USA abbia raggiunto i 39 miliardi di euro nel 2024, con il settore alimentare a fare da traino.
Le piccole e medie imprese (PMI), cuore pulsante del Made in Italy, si sono affidate a questa dinamica, delegando spesso la promozione a intermediari e agenzie di marketing.
Queste ultime, però, hanno investito quasi esclusivamente all’estero, convinte che il successo fosse garantito dalla fame di prodotti italiani oltreoceano. Il risultato? Una dipendenza pericolosa dai mercati internazionali e una trascuratezza quasi totale del mercato interno.
La Sorpresa dei Dazi e l’ impreparazione delle Aziende
Fino a pochi mesi fa, molte aziende pensavano: “Va tutto bene, l’export funziona”. Ma la realtà, come dimostrano i dazi annunciati, è ben diversa. Non si tratta solo di una questione politica – è troppo presto per capire se e come queste misure entreranno in vigore. Le PMI italiane del food and beverage si sono rivelate impreparate a cambiamenti improvvisi. Per anni hanno vissuto in una comfort zone, senza investire in strategie di resilienza o diversificazione. E mentre i dazi minacciano di bloccare ordini e aumentare i costi, emerge un problema ancora più profondo: la mancanza di competenze digitali e di un marketing moderno.
Il Paradosso del Marketing Italiano
Le agenzie di marketing italiane, spesso incaricate di promuovere i prodotti all’estero, si sono concentrate su approcci tradizionali: incontri face-to-face, negoziazioni di prezzi e report semestrali che mostravano vendite accettabili grazie al potere d’acquisto americano. Ma questo modello ha un limite evidente: non ha mai curato il mercato interno né ha abbracciato la digitalizzazione. In Italia, il 97% dei blogger chiude i battenti dopo pochi mesi, mentre negli Stati Uniti anche un piccolo influencer riesce a generare numeri significativi. Perché?
Perché lì il marketing è sinonimo di SEO, analisi dei dati e utilizzo strategico degli strumenti di Google, competenze che in Italia sono ancora un mistero per molti responsabili di marketing.
Le aziende italiane, invece di costruire una presenza digitale solida nel proprio Paese, hanno lasciato che il loro destino dipendesse da mercati stranieri. Non è un caso che molte PMI del food and beverage siano state acquisite da gruppi sudafricani negli ultimi anni, pur mantenendo – per ora – logistica e rappresentanti locali. Il paradosso è evidente: si esportava con successo, ma non si investiva in Italia.
La Vera Sfida: Non Solo Dazi, Ma Competizione Digitale
Con l’arrivo dei dazi, le PMI italiane non dovranno affrontare solo i costi aggiuntivi o la ricerca di nuovi mercati dove esportare. La vera difficoltà sarà competere in un mondo dove le strategie di marketing digitale sono tutto. Un esperto di marketing italiano medio non sa leggere un report di Google Analytics, non conosce la SEO e fatica a valutare l’efficacia di una campagna online. Mentre all’estero i concorrenti si muovono agilmente tra social media, e-commerce e contenuti ottimizzati, in Italia si resta ancorati a modelli superati.
Un Futuro da Riscrivere
I dazi di Trump potrebbero essere solo la punta dell’iceberg. Il settore food and beverage italiano ha generato miliardi grazie all’export, ma ora deve guardare in faccia la realtà: senza un cambiamento radicale, fatto di digitalizzazione e attenzione al mercato interno, il Made in Italy rischia di perdere terreno. Le aziende devono smettere di delegare e iniziare a investire in competenze nuove, perché la sfida non è solo economica, ma culturale. Altrimenti, il prossimo blocco di ordini dagli USA non sarà solo un problema di tariffe, ma il sintomo di un declino annunciato.