L’Italia non è un Paese per gli Italiani. Nel corso degli ultimi anni abbiamo, infatti, assistito ad un’emigrazione di massa senza precedenti.
I dati sono allarmanti e non riguardano solo le famiglie o i giovani in cerca di un futuro più roseo fuori dai confini nazionali. L’Italia è, infatti, il secondo Paese più “anziano” del mondo, battuto solo dal Giappone. Eppure, almeno un quarto degli over 65 tricolore risiede attualmente in altre aree del globo, dall’Europa al Nord America.
Nel frattempo, se la nostra Nazione perde lo 0,5% di popolazione autoctona, la componente “interculturale” – complici soprattutto gli sbarchi clandestini sulle nostre coste – aumenta considerevolmente. Come varia il tessuto sociale del Belpaese e come incide questo “scambio interculturale” sulle professioni agricole e ristorative.
Emorragia di talenti
Se i dati riguardanti l’emigrazione di anziani italiani devono spingerci ad una riflessione, non sono più confortanti le percentuali di giovani e di adulti che decidono di mettere radici in altre aree del mondo.
Per vivere in serenità il “terzo tempo” della propria vita, gli over 65 prediligono Nazioni ritenute veri e propri paradisi fiscali: Portogallo in testa, ma anche Spagna e Tunisia.
I più giovani, al contrario, non pongono limiti al loro desiderio di spaziare i propri orizzonti. Sono più di un milione i ragazzi di età compresa tra i 18 e i 34 anni che vivono, studiano e lavorano all’estero. Il numero di “espatriati tricolore” cresce notevolmente, se consideriamo le partenze dei giovani adulti di età compresa tra i 35 e i 49 anni e le nascite oltre confine.
La voglia di perfezionare le proprie competenze, specialmente nel campo della ristorazione e dell’agricoltura, spinge la nostra “forza lavoro” a partire in cerca di occasioni più ghiotte. Non tutte le persone emigrate in cerca di fortuna, tuttavia, fanno ritorno in Italia.
A tale problematica va aggiunto un aspetto non di secondaria importanza: il “ricambio culturale” non avvantaggia il settore del food and beverage, giacché spesso gli stranieri che risiedono nella nostra Nazione non vantano un background culinario forte come quello nostrano.
Capitale umano, rimedio all’emigrazione
Esistono, infine, almeno altri due fattori fortemente sfavorevoli al rilancio del settore ristorativo italiano: l’ausilio eccessivo della tecnologia e l’ingerenza della politica sul settore food and beverage.
Come arginare il fenomeno della fuga dei cervelli dalle nostre cucine? Ricordiamo che nessuna intelligenza artificiale potrà mai sostituire il calore e il cuore che ogni chef mette nella realizzazione di un piatto. E’ essenziale, inoltre, cercare di porre una giusta distanza tra gli eventi legati alla ristorazione e alcuni personaggi politici che, anziché fornire aiuto ad un settore splendido, ma sin troppo martoriato, penalizzano gli addetti ai lavori non premiando talento e meritocrazia.