Sento molto spesso parlare, specie tra chi si occupa di ristorazione o all’interno di ristoranti e gruppi che si creano su Facebook, polemiche riguardo la tipologia di lievitazione e di farine che bisogna usare. Prima di affrontare l’argomento bisognerebbe chiedersi “Cosa mi interessa di una farina?”
La risposta da parte dei ristoratori dovrebbe essere la lievitazione, indispensabile che sia salutare e che oltre a fornire un prodotto buono, garantisca un’elevata digeribilità. Ai ristoratori interessa anche la forza che una farina riesce ad avere oltre alla digeribilità.
COS’E’ IL GLUTINE?
Il glutine è una proteina che ha origine dal frumento e si trova in tutti gli alimenti derivati. I cereali contenenti glutine sono: frumento, Segale, Farro, Orzo, Avena e Kamut.
Il glutine, pur non contenendo un alto valore nutritivo, è molto utilizzato nel processo produttivo e nei leganti utilizzati. Possiede delle caratteristiche fisiologiche e tecnologiche che facilitano la lavorazione delle farine.
Grazie ad esso si ottiene un impasto viscoso ed elastico, assicurando croccantezza e consistenza. Il glutine è infatti definito una proteina collante. L’intolleranza al glutine è solitamente da ricercarsi in fattori ereditari, le cause possono essere causate dal sistema immunitario o da malattie infettive e
dell’alimentazione.
Esistono tre quadri clinici differenti: celiachia, allergia al frumento e sensibilità al glutine. Ogni situazione va valutata ovviamente in modo differente e prevede sintomatologie e cure diverse.
MA IL GLUTINE FA MALE?
In realtà quest’affermazione è errata. Il glutine rappresenta un pericolo per la salute solo in caso d’intolleranza (accertata), ovvero per solo per coloro che soffrono di celiachia.
I clienti, nel caso si avesse una pizzeria, non hanno assolutamente interesse a sapere la tipologia di farina utilizzata dai ristoratori. Per questo, si rivela inutile andare a spendere soldi per l’acquisto di prodotti non naturali.
Ciò che interessa al consumatore finale è la qualità.
Del prodotto finito, ovvero della pizza. A lui interessa che quest’ultima sia salutare, oltre che buona, digeribile e possibilmente realizzata con prodotti bio. Ovviamente un
occhio va anche al prezzo, questo deve mantenersi comunque mantenuto e non sembrare esagerato.
La maggior parte della gente è ignara di quello che mangia e si affida al ristoratore. Le cose però sembra stiano andando in una nuova direzione, stanno prendendo consapevolezza e sono in tanti che controllano le etichette delle confezioni se c’e’ scritto Biologico o OGM (Organismo Geneticamente Modificato).
Esistono comunque diverse alternative per realizzare delle pizze Gluten Free e far felice il palato dei tuoi clienti. Le più famose farine gluten free sono quella di riso, bianca ed integrale, quella di mais che rende il prodotto finale molto croccante, o quella di quinoa che ha un indice glicemico molto basso.
Provate a chiedere a chi soffre di celiachia o altre intolleranze alimentari, con che cosa fa colazione la mattina, quali prodotti sceglie….
Esistono tantissimi tipi di grano, fatti anche in laboratorio e sono certificati “ENEA”. Qui più informazioni:
http://www.rivistadiagraria.org/articoli/anno-2013/il-creso-il-grano-frutto-della-ricerca-italiana/
Il grano Creso è quello dove è contenuto il tasso di glutine più alto, ci sono molte polemiche a riguardo, sia a causa delle mutazioni che esso ha subito negli anni, sia per la sua qualità molto discussa. L’aumento dei casi di celiachia non è però, in nessun modo, da imputare alla diffusione di questa tipologia di grano.
Il Creso è un frumento ottenuto presso i laboratori ENEA. Rispetto agli altri tipi di frumento ha una taglia ridotta ed è molto resistente all’allettamento. Inoltre, resiste benissimo alle malattie ed ha una risposta produttiva elevata. Le polemiche riguardano l’azione mutagenica ai raggi X. Il Creso è sicuramente, un esempio di innovazione nel sistema agroalimentare odierno, data anche la continua e crescente richiesta nel mondo. Grazie alle nuove tecniche di biologia molecolare, è stato possibile creare, già a partire dal 1978, una mutazione in
modalità selettiva.
LA FARINA DI CANAPA
Da non trascurare anche la farina di canapa. Se siete scettici a riguardo vi consiglio di buttare un occhio alle sue proprietà.
La farina di Canapa è sicuramente una bella scoperta, utilizzata ancora da pochi ristoratori e pizzaioli, e conosciuta da ancor meno consumatori. In realtà le sue proprietà benefiche sono molte e notevoli. Questo tipo di farina risulta molto più morbida delle altre, si ricava dalla macinatura dei semi di questa pianta ed è perfetta per chi soffre di celiachia.
La farina di Canapa infatti, contiene tutti gli 8 amminoacidi essenziali, essenziali per rafforzare il sistema immunitario. Inoltre, avendo un alto contenuto di fibre è perfetto per prevenire e migliorare disturbi come la stitichezza. Ricca anche di Omega 3 e 6 (I cosiddetti grassi buoni), che aiutano a prevenire le malattie cardiovascolari e hanno proprietà antiossidanti.
La farina di Canapa può essere utilizzata nella preparazione di pane, dolci, pizza e anche fritture.
L’avvenire delle farine non convenzionali
Le farine sono la spina dorsale della cucina, e negli anni ’90 già si intuiva che il futuro avrebbe guardato oltre il grano. Non parlo di mode strane, ma di un ritorno a ingredienti che la terra offre generosa, come la canapa o il grano saraceno, perfetti per chi fugge il glutine o cerca sapori nuovi. La celiachia ha aperto gli occhi: non tutti possono mangiare il pane di una volta, ma questo non significa rinunciare al gusto. Ho assaggiato una pagnotta di farro in un forno umbro: era ruvida, intensa, un aroma che parlava di campi antichi.
La canapa, poi, è una sorpresa: non è solo un capriccio, ma una farina densa, nutriente, con un sapore che sa di noci e bosco. Ricordo un oste toscano che la usava per gnocchi: un piatto semplice, ma con una consistenza che conquistava. Queste farine non convenzionali sono il domani, un’evoluzione che non tradisce la tradizione, ma la amplia. Pensate al mais, macinato fine come seta, o alla castagna, dolce e terrosa: sono doni di un’Italia che non si arrende alla monotonia.
Il critico avverte: il futuro sarà di chi sa usarle con maestria. Non basta mescolare: serve conoscere il peso, l’umidità, il calore che ogni farina chiede. La passione per il pane vivo, per la crosta che scricchiola, guiderà questa eredità. È una promessa di qualità, un canto alla diversità che la terra ci regala.