Come altre “mode” importate dagli Stati Uniti, la home restaurant sta prendendo sempre maggiore piede in Italia.
Si tratta di un “ramo” della ristorazione affascinante, non scevro, però, da fraintendimenti o da normative “nebulose” che potrebbero causare qualche intoppo agli aspiranti chef che decidono di mettere a disposizione di turisti, o di semplici estranei, la propria cucina per un pranzetto (o una cena) con i fiocchi. Cos’è di preciso la home restaurant? Come gestire questo business senza difficoltà?
Home restaurant: caratteristiche e peculiarità
Allietare le persone con piatti sfiziosi della propria tradizione locale senza, però, essere professionisti dei fornelli: questa, in sintesi, l’essenza del ristorante casalingo. Nonostante sia un’attività ristorativa a tutto tondo, infatti, l’home restaurant non prevede assolutamente di vedere all’opera un Cracco o un Barbieri ai fornelli, anzi.
Tutto quello che serve allo “chef dilettante” che decide di cimentarsi in tale attività è una casa munita di cucina. Gli chef “casalinghi” mettono a disposizione un numero limitato di coperti e utilizzano i social network per pubblicizzare le serate dedicate alla ristorazione homemade. Esistono due tipologie di home restaurant:
• Social eating: cena organizzata per socializzare con persone mai viste prima, complice un menù sfizioso e la capacità di intrattenimento del padrone di casa;
• Tourist eating: pasti pensati esclusivamente per i turisti, con un menù composto da specialità locali.
Regolamentazione incerta
L’home restaurant sembrerebbe essere la soluzione ottimale per gli appassionati di cucina che, però, non possono o non vogliono spendere cifre esorbitanti per aprire un locale. Le condizioni principali per diventare chef a domicilio sono, infatti, ospitare un numero limitato di coperti e non superare un certo fatturato annuo.
La normativa in fatto di home restaurant è, però, ritenuta piuttosto incerta dagli addetti ai lavori. La Federazione italiana pubblici esercizi (Fipe) ha infatti sottolineato come la ristorazione casalinga, nonostante la sua “limitatezza” nel numero dei coperti, dovrebbe essere sottoposta agli stessi obblighi della ristorazione standard.
Scia, rispetto delle norme sanitarie, requisiti morali e professionali per somministrare cibi e bevande e, soprattutto, il possesso del Piano di autocontrollo Haccp sono solo alcune delle documentazioni che lo chef “amatoriale” dovrebbe presentare qualora volesse trasformare la propria casa in un locale. Queste sono le richieste mosse dalla Fipe, al fine di garantire sicurezza per gli aspiranti cuochi casalinghi e per i potenziali clienti e una corretta concorrenza con i locali canonici.
Il dibattito sulla validità e la legittimità degli home restaurant resta, quindi, molto aperto, in attesa di normative sicure e ben definite.