Il credito sociale è quindi giunto nel Bel Paese? In Emilia Romagna sembrerebbe essere così. Apprendiamo dalle pagine de “Il Corriere della Sera”, che nella regione guidata da Bonacini, nella città di Bologna per essere precisi, ha preso il via una sorta di “patente a punti del cittadino”, preferibilmente modello, ed allineato ai dettami governativi.
Questo progetto pilota prevede, tramite un’app dedicata, la possibilità per i cittadini più rigorosi e ligi al dovere, di avere punti, premi, sconti e incentivi.
Ma siamo veramente disposti a rinunciare alla nostra privacy per una raccolta punti del bravo contribuente?
Qui francamente sorgono i primi dubbi sul vero significato che c’è dietro questo tipo di iniziative.
Il sistema del CREDITO SOCIALE, acronimo di CSC per via della sua provenienza, arriva direttamente dalla Cina, pioniera in certe astruse iniziative che puntano come fine ultimo, il controllo della popolazione.
Quindi noi della VoceDellaRistorazione ci poniamo dei quesiti su quali vantaggi potrebbe apportare un’iniziativa come questa alla nostra categoria.
Che benefici potrebbe avere nello specifico un cameriere o un cuoco da questa tessera sociale per il controllo delle nostre azioni? Andiamo nello specifico ad analizzare i vari punti.
L’obiettivo principale di questo sistema è quello di incentivare il cittadino a compiere delle buone azioni e disincentivare invece quelle considerate sbagliate o cattive.
Tramite l’assegnazione di crediti il singolo cittadino può vedere la sua “reputazione sociale” crescere o scendere, cosa questa che si ripercuote sulla socialità dello stesso.
Ma come funziona concretamente questo CREDITO SOCIALE? In soldoni, lo stato controlla a livello digitale tutte le spese, i crediti, i debiti, il modo in cui si effettuano e pagano gli acquisti, facendo confluire poi tutti questi dati sensibili in server statali dedicati.
Da qui poi viene stabilito il rating di ogni singolo cittadino (o suddito visto il controllo totalitario), con il rischio concreto di essere, qualora i nostri comportamenti non fossero allineati perfettamente con l’ideologia statale, relegati in una vera e propria lista nera, con conseguenze talvolta nefaste.
Ma che rischio potrebbero correre in pratica i lavoratori del mondo della ristorazione? Presto detto. Le aziende private hanno già cominciato a registrare abitudini e comportamenti dei dipendenti, monitorando e conservando i dati su questi ultimi.
Se dovesse passare il modello cinese, le aziende dovrebbero obbligatoriamente uniformarsi al regime di stato, registrando e fornendo poi i dati al governo con tanto di codice univoco per le aziende e numero sociale di identificazione per il singolo cittadino. Una sorta di “grande fratello della burocrazia”.
Un occhio che vigila costantemente sulle teste dei cittadini. Se ti comporti bene, righi dritto e non crei problemi avrai lo Stato dalla tua parte; in caso contrario verrai relegato ai margini della società.
Francamente noi della VoceDellaRistorazione crediamo che il lavoratore della ristorazione, come qualsiasi cittadino italiano non gioverebbe di una palese violazione della privacy e di una lesione alla libertà.
Veniamo già da un lungo periodo di limitazioni e lockdown periodici che hanno limitato i nostri comportamenti e affossato tutti i settori, ristorazione in particolare. Auspichiamo un ritorno alla normalità, senza avere un controllo totalitario sulle nostre azioni.
E voi cosa ne pensate dell’implementazione di un ipotetico CREDITO SOCIALE?
A presto sulla VoceDellaRistorazione