L’industria della Ristorazione ha subito un duro colpo a causa delle multinazionali.
La produzione continua, le materie prime “standardizzate”, i piatti realizzati sempre allo stesso modo durante tutto l’anno. I piccoli imprenditori si trovano in difficoltà a dover sostenere un ritmo così serrato e privo di cambiamenti.
E’ impensabile recarsi in un locale a Gennaio e trovare la stessa offerta alimentare di Luglio, senza variazioni di nessun tipo.
Le aziende che si occupano di produzione a km zero conoscono i veri ritmi della coltivazione, oltre che i vantaggi fisici che si ottengono dal consumo di prodotti esclusivamente di stagione.
La sovranità alimentare è stata praticamente ceduta alle multinazionali, sono loro a detenere il controllo. Hanno quasi sorpassato la natura stessa.
Allora, se la situazione è davvero questa, come possono le imprese a km zero recuperare terreno? Quale strategia sfruttare per risalire la cima.
Un’idea potrebbe essere quella di creare interi centri, centri commerciali, dove viene venduta solo frutta e verdura di stagione. Lo stesso vale anche per i formaggi, per tutti gli ortaggi, per il vino. In questi luoghi verrebbero venduti solo prodotti ottenuti biologicamente, con la massima cura e la massima attenzione.
In questo modo si creerebbe una comunità compatta di imprenditori uniti per lo stesso obbiettivo. Riprendere la sovranità alimentare, riprendere il controllo alimentare.
Gli stessi acquirenti potrebbero assicurarsi beni di qualità e trarne beneficio fisico ed economico. Può sembrare un’idea utopica ma è molto più semplice del previsto.
Le comunioni di produttori esistono già, così come i mercati biologici.
Perché non ingrandirli? Perché non portare le stesse materie prime anche all’interno dei ristoranti?
In questo modo i clienti sarebbero colpiti dalla varietà del menù e dalla freschezza degli ingredienti, restando sorpresi ogni volta che tornano.
L’unione di imprenditori a km zero potrebbe essere realizzata anche sfruttando i piatti tipici, suddividendo i gruppi in base alla Regione.
Ogni regione avrebbe i propri prodotti di riferimento ed i propri piatti specifici. Si riporterebbe in vita la tradizione, una tradizione sana e consistente dai sapori forti e audaci.
Scriveteci nei commenti il piatto tipico della vostra regione, iniziamo già a formare una lista delle possibilità. Vi renderete conto da soli che sono davvero tantissimi e tutti diversi tra loro.
Proprio questa diversità può essere il punto di forza, il punto di svolta rispetto alle multinazionali. La differenziazione che diventa unione culturale.
Si potrebbe sperimentare unendo tradizioni diverse ma con prodotti sempre di stagione, e sempre appartenenti a produzioni certificate.
La Voce della Ristorazione punta a diventare un punto di riferimento per tutti gli imprenditori a chilometro zero, così che abbiano un luogo sicuro dove incontrarsi e confrontarsi, dove unire le idee e generarne di nuove.
Potrete iscrivervi al sito per entrare in contatto con realtà molto simili alla vostra, che probabilmente stanno vivendo gli stessi momenti di difficoltà, o che li hanno superati e possono spiegarvi come fare altrettanto.
Le possibilità che si aprono difronte ai ristoratori uniti per la stessa causa sono innumerevoli. Perché non sperimentarle e diventare parte integrate di quello che sembra essere un progetto forte.
Lo stesso discorso vale anche per il settore alberghiero. Non dimentichiamo che la ristorazione svolge un ruolo chiave anche in questo caso.
Chi possiede un albergo potrebbe pensare di trasformare questa collaborazione in un’esperienza indimenticabile per i propri clienti.
Questi ultimi verrebbero accompagnati in un viaggio alla scoperta della cultura italiana, del cibo che lega tutta la penisola e che non è mai scontato. La frutta tipica, la verdura di stagione, il vino di produzione familiare; sono solo pochi esempi di ciò che l’imprenditoria a km zero ha da offrire al pubblico.