Quando si parla di vino biologico, abbiamo in mente quella bottiglia con una grande etichetta verde o un logo di certificazione evidente, qualcosa che urli a gran voce “biologico”. Il consumatore medio potrebbe aspettarsi che i vini biologici abbiano un’estetica più rustica, o che provengano da piccoli vigneti artigianali, e forse anche che siano meno “raffinati”. Tuttavia, il mondo del vino biologico è vasto e variegato. Questi, spesso, fondono la qualità e il prestigio con pratiche agricole sostenibili e rispettose dell’ambiente.
L’ascesa del vino biologico non è un fenomeno recente, ma solo negli ultimi anni ha ottenuto un riconoscimento più ampio. Per comprendere meglio il contesto, è utile esplorare cosa rende un vino davvero biologico, di quali pratiche agricole bisogna tener conto, come funziona la produzione vinicola, e quali, dato che siamo molto curiosi, quali vini, pur essendo biologici, non lo sembrano.
Cosa significa “vino biologico”?
Un vino è considerato biologico quando viene prodotto secondo rigide normative che riguardano sia la coltivazione delle uve, che il processo di vinificazione. Questo include l’assenza di pesticidi chimici, erbicidi e fertilizzanti artificiali. Anche i trattamenti durante la vinificazione hanno delle rigide caratteristiche da seguire, per esempio, l’uso di solfiti, conservanti per il vino, è rigorosamente limitato.
Le certificazioni biologiche, come quelle rilasciate da organismi come l’ICEA o il CCPB in Italia, assicurano che i produttori aderiscano a questi standard. Purtroppo, non tutti i produttori scelgono di mettere in risalto queste certificazioni sulle loro etichette. Alcuni preferiscono concentrarsi sulla tradizione, sull’estetica o sul marketing, e non pubblicizzano il loro vino in quanto biologico. Questa scelta spesso è legata all’idea di non voler essere percepito come un marchio ecologico, in quanto erroneamente associato ad una minore qualità.
Vini di alta gamma che sono biologici
Resterete sorpresi nello scoprire che nel mondo del vino biologico ci sono moltissimi vini di alta gamma. Luoghi dove poterli trovare sono sicuramente enoteche molto fornite o ristoranti di alto livello. Alcune aziende vinicole, con decenni di storia, hanno scelto la via della coltivazione biologica non per seguire una moda, ma per rispettare un rapporto secolare con la terra.
In Francia, i Châteaux di Bordeaux, noti per i loro vini prestigiosi, stanno progressivamente adottando pratiche biologiche. Château Palmer ha iniziato la conversione al biologico nel 2008 e oggi produce vini biologici davvero eccezionali. Nonostante questo, nulla dell’estetica farebbe presupporre che si tratti di un vito di fattura biologica: la bottiglia e l’etichetta sembrano le stesse di un vino tradizionale e non con delle caratteristiche ben delineate e controlli ancora più accurati.
Anche in Italia, produttori famosi, come Alois Lageder in Alto Adige, hanno adottato pratiche biologiche o biodinamiche senza necessariamente metterlo in primo piano. La loro è una scelta naturale, parte di un impegno più ampio verso la sostenibilità e la qualità.
Perché nascondere il biologico?
Vi starete sicuramente chiedendo: perché un produttore dovrebbe decidere di non enfatizzare il fatto che il suo vino è biologico?
Purtroppo ci sono diversi fattori che portano a questa scelta. La prima è rimanere ancorati ad un’immagine di marca. Ci sono alcuni produttori, che temono che l’etichetta “biologica” possa essere associata a un prodotto di fascia bassa o meno sofisticato. Il vino biologico, in alcune parti del mondo, è stato storicamente visto come un prodotto più rustico o artigianale, qualcosa di lontano dal vino di alto livello. Questo ha portato dei produttori a preferire un’immagine che richiami l’alta qualità, senza essere associata ad una certificazione biologica che potrebbe confondere la clientela.
La seconda motivazione è legata alla linea di pensiero, di molti produttori, secondo cui l’adozione del biologico sarebbe un ritorno alle origini. In effetti, prima dell’uso massiccio di pesticidi e fertilizzanti chimici, la maggior parte della viticoltura era essenzialmente biologica. Pertanto, per alcuni, coltivare biologicamente è semplicemente un modo per mantenere vive le tradizioni senza dover sottolineare una pratica che considerano scontata.
Ultima motivazione, ma non per importanza, è quella legata ai costi e non solo. Difatti, ottenere e mantenere una certificazione biologica può essere costoso e burocraticamente impegnativo. Si sceglie quindi di non perseguire la certificazione ufficiale, preferendo investire quei fondi in altre aree della produzione o della promozione del vino.
Il trend del “non dichiarato”
Un altro fenomeno, da non sottovalutare, è la crescita dei vini “non dichiaratamente” biologici. Questo avviene in categorie commerciali. I grandi produttori di vino, che distribuiscono i loro prodotti su larga scala, come ad esempio nei supermercati, stanno adottando pratiche biologiche senza sbandierarlo apertamente. È il caso di alcune etichette del gruppo californiano Gallo, uno dei più grandi produttori di vino al mondo, che ha progressivamente adottato metodi di coltivazione sostenibili in molte delle sue proprietà.
In molti casi, queste aziende preferiscono investire in questo tipo di produzione per rispondere a una crescente richiesta di consumatori consapevoli, senza dover stravolgere la loro identità di marchio. Cercano di concentrarsi su aspetti mirati del vino stesso, come il gusto o la consistenza dei loro vini biologici.
Il biologico: parliamo di un vino di qualità superiore?
Sia per quanto riguarda i vini di lusso che quelli consumo di massa, la convinzione è che la viticoltura biologica non sia solo un modo per sostenere l’ambiente, ma anche per migliorare la qualità del prodotto. Senza l’uso di pesticidi e fertilizzanti chimici, le viti devono sviluppare una maggiore resistenza nei confronti dell’ecosistema circostante. Questo può portare a vini biologici con un profilo aromatico più complesso e una serie di caratteristiche molto apprezzate dagli intenditori.
ll biologico dunque rappresenta una scelta di qualità, e non solo di etica. Non è necessario evidenziarlo sull’etichetta ed è interessante notare come questa filosofia abbia permesso al biologico di penetrare anche in mercati più tradizionali e conservatori, come quello dei grandi vini francesi o italiani.
Il biologico sulle nostre tavole
Un esempio significativo di vino biologico accessibile è rappresentato dal Montepulciano d’Abruzzo della Cantina Orsogna, un’azienda vinicola abruzzese che ha fatto della produzione biologica il cuore della sua filosofia.
La Cantina Orsogna, situata sulle colline che si affacciano sul Mare Adriatico e ai piedi del Parco Nazionale della Majella, è una cooperativa che riunisce numerosi viticoltori locali. Fondata nel 1964, oggi è una delle principali realtà del vino biologico in Italia. Nonostante la sua produzione sia caratterizzata da una grande attenzione per l’ambiente, questo vino mantiene un prezzo molto accessibile, rendendo il biologico alla portata di tutti.
Viene ottenuto da uve Montepulciano, una delle varietà più rappresentative del centro Italia, coltivate senza l’uso di pesticidi chimici o fertilizzanti di sintesi. Questa azienda vinicola, certificata, ha un obiettivo principale, quello di produrre un ottimo vino rispettando l’ecosistema circostante grazie a metodi di coltivazione sostenibili e puntando sulla biodiversità. Questo approccio non solo preserva la salute del suolo e delle piante, ma contribuisce anche a una maggiore espressione del gusto. Il risultato è un vino dalle note di frutti rossi, come la ciliegia e la prugna, arricchite da sentori speziati e erbacei. Al palato, è un vino biologico morbido e piacevole fresco, il che lo rende versatile e adatto per accompagnare diversi piatti, come paste con sugo di carne e formaggi stagionati.
In molte enoteche e supermercati, può essere acquistato per meno di 10 euro: ciò lo rende una scelta ideale per chi cerca un prodotto sostenibile e di qualità senza spendere una fortuna. Inoltre, un altro aspetto importante della Cantina Orsogna è il suo impegno verso la biodinamica, un metodo di coltivazione che va oltre il biologico, adottando pratiche ancora più rigorose e orientate all’auto sostenibilità dell’ecosistema viticolo.
Di cosa tratta la biodinamica viticola?
La biodinamica viticola è una pratica che va oltre il biologico, ponendo un’enfasi particolare sull’equilibrio tra la vigna e il suo ecosistema naturale, considerando la terra come un organismo vivente. In viticoltura biodinamica, non si utilizzano pesticidi chimici o fertilizzanti sintetici, ma si applicano preparati naturali, come composto arricchito con erbe e minerali. Le attività di gestione della vigna, come la potatura o la vendemmia, seguono i cicli lunari per favorire la salute delle piante e la qualità del prodotto finale. Questo metodo mira a rafforzare la vitalità del suolo e delle viti stesse, migliorando l’espressione del terroir.
I vini biologici che non ti aspetti
In un’epoca in cui il marketing può spesso prevalere sulla sostanza, è confortante sapere che esistono vini che, pur adottando pratiche biologiche, offrendo al consumatore la possibilità di godere di un prodotto di alta qualità, rispettoso dell’ambiente, senza bisogno di compromessi estetici o di immagine.